Reportage

La quarantena vista dal fotografo Manuel conti

Ci ritrovammo di colpo immersi in una guerra, una di quelle guerre che non sai come combattere perché il tuo nemico è invisibile, si nasconde, e sferra colpi quando meno te lo aspetti. E così le albe diventarono tramonti, tramonti che non tornavano mai albe. Di colpo cambiò tutto, la terra iniziò a girare al contrario, la nostra casa divenne una rocca forte. Privati della cosa più cara, la libertà: e allora dovemmo adeguarci al cambiamento.Le file ai supermercati diventarono interminabili, come anche le code alla posta, sempre rispettando il metro di distanza: niente baci, abbracci, saluti. Ci si scorgeva fugacemente con gli occhi, gli unici a vedere al di là della mascherina, sguardi tristi e persi, occhi silenziosi che avrebbero voluto urlare, guardando i nostri amati bar via via abbassare le saracinesche, fino a data da destinarsi.
E allora, nella prigione delle nostre mura domestiche, ci siamo reinventati pasticceri, artisti, lettori, musicisti. E gli studenti hanno continuato a prepararsi in casa, dando esami online, confrontandosi con il professore divisi da uno schermo.Fuori solo il silenzio, un silenzio assordante che lasciava spazio ai mille pensieri, alle tante paure, ai grandi progetti futuri.Ma quei tramonti torneranno ad essere albe, si intravedono i primi spiragli di luce: il mondo non si è fermato, l’Italia continua a combattere unita (ma sempre ad 1 metro di distanza).

testo a cura di  Veronica Di Giovanni 

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